In una recente sentenza del 2011, per il giudice i clienti-complici erano consapevoli di commettere una truffa o comunque quello che il codice penale qualifica come «fraudolento danneggiamento dei beni assicurati» (puniti con pene dai sei mesi ai quattro anni di reclusione), ma non come una associazione a delinquere. Probabilmente avevano sentore che esistesse una struttura della quale avvalersi per ottenere il guadagno facile, anche se in modo confuso, ma senza aderire a un programma criminoso esteso. Insomma: si prestavano pensando di fare qualche «impiccetto» in cambio di risarcimenti indebiti.
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